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Retail e digital transformation: intervista ad Elisabetta Puglielli

Scritto da Il team di SpedirePRO | 21 luglio 2021

Ogni giorno lavoriamo a stretto contatto con aziende che stanno vivendo una profonda trasformazione digitale. Catene del valore, logistica, sales e marketing sono solo alcune delle aree aziendali sottoposte ad una forte pressione verso il digitale per sopravvivere in mercati in continua evoluzione.

Ecco perché abbiamo deciso di coinvolgere periodicamente esperti e professionisti con approfondimenti sulla digital transformation, sull'evoluzione di logistica e supply chain management e nuovi trend di mercato in Italia e all'estero.

 

Luca Lorenzini, eCommerce Logistics Expert, e Elisabetta Puglielli, ricercatrice degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, tracciano l'evoluzione digitale del retail in Italia.

 

 

Qual è lo stato dell'arte del retail in Italia? Una domanda ampia che racchiude tutti i grandi sconvolgimenti di questo ultimo anno, ma che allude anche ad alcune particolarità e debolezze del mercato italiano. Cosa è cambiato nell'ultimo anno? Quali sono i cambiamenti introdotti dalla pandemia da Covid-19 e destinati a restare?

 

Lo abbiamo chiesto ad Elisabetta Puglielli, ricercatrice dell'Osservatorio di Digital Innovation nel retail e eCommerce B2C, del Politecnico di Milano. Un punto di vista approfondito sulle evoluzioni del mercato italiano, sull'adozione di nuove tecnologie e sui cambiamenti profondi che il digitale e le nuove tecnologie hanno accelerato.

 

Luca Lorenzini

Elisabetta, vorrei iniziare con un'introduzione sulla tua giornata tipo. Come si compone la giornata di un ricercatore? Raccontaci tutto.

 

Elisabetta Puglielli

Benissimo, com'è strutturata la giornata tipo di un ricercatore?

Allora abbiamo tutta una serie di filoni di ricerca che portiamo avanti in maniera longitudinale negli anni e tutta una serie di ricerche che invece nascono da stimoli, che arrivano quotidianamente.

Quindi una delle cose che andiamo a fare come ricercatori nel quotidiano è quella di monitorare fonti secondarie, riviste specializzate, scientifiche e non, sui temi che riguardano la nostra ricerca. Questa parte della giornata è dedicata, fondamentalmente, al monitoraggio di quello che succede nel mondo, in questo caso del retail e dell'eCommerce B2C.

Si va a monitorare i retailer italiani, internazionali e si approfondiscono anche ricerche portate avanti da altri attori per capire meglio come si sta muovendo il mercato e quali sono i principali trend in atto.

 

 

Una larga parte della giornata si concentra, poi, sull'analisi dei dati che raccogliamo tramite le nostre ricerche. Noi portiamo avanti tante survey, tanti censimenti e tante interviste con aziende che possono riguardare sia la domanda, quindi lato retail, sia l'offerta, quindi fornitori di tecnologia. Quotidianamente andiamo a lavorare e ad analizzare tutti quei dati che produciamo con la nostra ricerca.

Tanto lavoro in Excel, tanto lavoro su altri strumenti di analisi e tanto lavoro anche legato alla produzione di report e di presentazioni, sui temi delle nostre ricerche e sui temi che analizziamo.

Quindi c'è sicuramente tanto lavoro di analisi, ma anche tanto lavoro di reportistica e, come dicevo, tanto contatto con le aziende perché fondamentalmente la nostra ricerca viene portata avanti, appunto, indagando e chiacchierando con le aziende. Loro sono gli attori protagonisti del mercato e dell'innovazione in questi ambiti e quindi una parte importante della giornata deve essere dedicata appunto al contatto diretto con le aziende.

Questa è un po' la giornata tipo di un ricercatore degli Osservatori Digital Innovation.

 

Luca Lorenzini

Sei stata molto chiara, direi che ci hai fornito una risposta molto completa.

Ora vorrei provare ad analizzare un po' il panorama odierno oggetto delle vostre indagini. Osservando il mercato in generale, ormai da qualche anno, appare evidente che il digitale ha segnato una vera era geologica rispetto al passato.

Puoi offrirci uno scenario informato sulla maturità digitale dei retailer italiani?

 

Elisabetta Puglielli

Allora sostanzialmente bisogna fare prima di tutto una premessa su come è strutturato il retail italiano rispetto al tessuto commerciale di altri paesi europei e non. Dobbiamo dire che il retail italiano è particolarmente frammentato. Cosa significa? Che è fatto di molte imprese, ma di dimensione molto più piccola rispetto alle aziende degli altri paesi.

Soltanto per dare un ordine di grandezza in Europa abbiamo circa 1,4 imprese retail per chilometro quadrato. In Italia questo numero è pari a due.

Anche se andiamo a guardare alla dimensione, ad esempio a partire dal numero di dipendenti, in Europa un'azienda media del retail conta circa 5,3/6 dipendenti, mentre in Italia il numero è pari a 3. Quindi questo denota proprio una frammentazione importante del mercato.

 

Fonte: osservatori.net

Ciò si riflette anche su quella che è la maturità digitale e se vogliamo anche sulla presenza omnicanale, di questo mondo in Italia.

Perché con tante imprese, ma di piccolissima dimensione, si fa fatica, ad esempio, a reperire gli adeguati capitali di investimento per poter portare avanti progettualità innovative digitali.

L'innovazione digitale di per sé è costosa, soprattutto all'inizio quando si va a impostare un processo di innovazione e molto spesso all'interno delle aziende italiane mancano anche le competenze per poter portare avanti innovazione digitale.

Nel digitale le competenze possono afferire a più ambiti, dal marketing alla gestione proprio dell'innovazione fino all'IT perché molto spesso, appunto, l'azienda ha un numero così piccolo di dipendenti che fa fatica a reperire tutte le competenze necessarie.

Da qui nasce anche un altro problema che è legato a quella difficoltà che incontrano le aziende di medio piccola dimensione ad andare ad implementare delle innovazioni che magari sono state pensate dal mercato per realtà molto più grandi del retail e che difficilmente si adattano alle esigenze di aziende più piccole.

Detto ciò, quindi, qual è la fotografia del mercato retail italiano?

Abbiamo un mercato che va a doppia velocità, nel senso che sostanzialmente i top retailer, quelli che noi definiamo top retailer per fatturato, sono più avanti perché hanno struttura, organizzazione e capacità di investimento tali da poter portare avanti progettualità innovative. Ci sono invece le PMI del commercio al dettaglio, che compongono la maggior parte del tessuto commerciale italiano, che invece sono molto più indietro rispetto alle PMI degli altri paesi europei.

Dobbiamo dire però che il Covid-19, pur avendo portato tantissimi svantaggi ed una crisi importante al mondo del commercio, (pensiamo anche soltanto a tutte le chiusure prolungate nel tempo, che a volte hanno interessato l'intera nazione, a volte semplicemente delle zone più locali), ha lasciato però un'impronta importante dal punto di vista digitale, facendo emergere tra le aziende del retail italiano la consapevolezza dell'importanza di investire in innovazione digitale.

Perché? Perché il digitale permette nel commercio di sperimentare altre modalità di vendita e di relazione. Ha permesso anche durante il lockdown, anche con i negozi chiusi, di poter mantenere attiva la relazione coi clienti più fedeli, di poter mantenere attivo il fatturato e quindi le vendite, di poter intercettare nuovi clienti.

Allo stesso tempo è stato centrale anche nella riprogettazione di processi ed attività all'interno del negozio, ad esempio per adeguarsi alla nuova normativa, per semplificare e migliorare l'esperienza del cliente.

Quindi diciamo che se dovessimo chiudere con una frase, è vero che il retail italiano, anche per come si sviluppa, presenta delle barriere importanti all'innovazione, ma allo stesso tempo l'emergenza sanitaria ha accelerato in maniera importante questo processo di innovazione, sia tra i grandi attori che tra le imprese più piccoline.

 

Luca Lorenzini

Quindi diciamo che ci si è divertiti, come in altri settori, ad essere più o meno resilienti. Siamo usciti ad adattare bene in pratica, in corsa per rispondere all'emergenza.

 

Elisabetta Puglielli

Esatto, poi ovviamente con sviluppi diversi, nel senso che il grande retailer ha potuto sperimentare delle soluzioni molto più strutturate e complesse, pensiamo ai retailer dell'abbigliamento che hanno lanciato le soluzioni di shopping in live streaming.

Le PMI invece si sono adattate con soluzioni un po' più elementari, come la possibilità di ordinare tramite email o Whatsapp. In ogni caso, però, è uscito fuori quel lato creativo che ha spinto quantomeno ad incuriosirsi maggiormente al digitale rispetto a quanto non si facesse in precedenza.

 

Luca Lorenzini

Ecco, qua già è stato introdotto il prossimo argomento. Top player a parte, tra le principali aree di innovazione, oggi c'è il tema della ricerca di strumenti di connessione veloce con l'utente o con il cliente, anche rinnovando il punto vendita. Da questo punto di vista lo scenario per le innovazioni non coinvolge solamente i top player.

Ma prima di tutto, c'è proprio questo gap tra i top player ed il resto del mercato. Non c'è una fascia media nel retail o se c'è e molto piccola.

 

Elisabetta Puglielli

Il problema è che pur essendoci una fascia media, in Italia si tratta comunque di una fascia fatta da aziende di piccola dimensione; non si tratta di micro aziende, ma si tratta comunque di aziende che negli anni hanno cercato di investire su altro.

Per loro il digitale non è mai stata una priorità ed una leva strategica, ma un eventuale plus. Probabilmente è stato complice anche il fatto che non abbiamo avuto un sistema a livello governativo, che abbia incentivato il digitale in maniera importante.

La speranza oggi è che il PNRR porti a degli incentivi importanti sull'utilizzo del digitale. L'obiettivo è per fare innovare anche queste aziende, magari di media dimensione, che negli anni purtroppo non hanno avuto come priorità l'innovazione e la digitalizzazione. Quindi, una fascia media c'è, ma non è ancora così tanto interessata al digitale, quantomeno prima della pandemia.

 

Fonte: zerounoweb.it

Invece, per quanto riguarda appunto quello che mi chiedevi sul punto vendita, allora sostanzialmente ti dico che già negli ultimi anni, quindi prima dello scoppio della pandemia, vedevamo uno sforzo importante da parte dei retailer italiani ad innovare il punto di vendita.

Diciamo che erano diverse le aree di innovazione, quindi ad esempio l'utilizzo di soluzioni digitali in store con diversi obiettivi, la sperimentazione di nuovi formati di negozio che potessero avere delle caratteristiche e delle peculiarità diverse rispetto ai formati tradizionali.

Tanta attenzione al servizio, quindi, dei negozi che diventavano quasi più dei punti, non tanto legati alla transazione, quanto più alla relazione e all'esperienza. Negli anni, quindi, si è rafforzata questa idea di voler innovare lo store, ovviamente con delle peculiarità differenti tra i diversi comparti merceologici.

Con l'arrivo dell'emergenza sanitaria cosa è successo? Si è data la priorità ad alcune tipologie di innovazioni e quindi hanno iniziato ad essere implementate delle innovazioni che mai ci si sarebbe aspettati, nel front end e quindi nel punto vendita. Ora le vediamo insieme e, allo stesso tempo, sono andate a rafforzarsi anche tutte quelle soluzioni tecnologiche che già negli anni avevano destato l'interesse dei retailer italiani.

Cosa è successo con il Covid-19?

Si è andati tantissimo a sperimentare delle soluzioni che, come ti dicevo, non ci saremmo mai aspettati in negozio pensa ad esempio a tutti quei sistemi e di prenotazione della visita da remoto. Non ci saremmo mai aspettati di dover entrare in un supermercato, in un negozio d'abbigliamento, prenotando l'ingresso. Era una cosa assolutamente lontana e remota. Oppure pensiamo a quei sistemi di gestione virtuale delle code. Tutte quelle APP che sono nate durante la pandemia per permettere ai retailer di facilitare la gestione degli ingressi e di poterlo fare anche da remoto con soluzioni ed applicazioni di terzi.

 

Fonte: osservatori.net

Ancora pensiamo a tutti quei sistemi che noi definiamo di smart occupancy che sostanzialmente sono dei sistemi di monitoraggio del comportamento dell'utente in negozio. Solitamente magari venivano applicati all'interno del negozio semplicemente per andare un pochino a studiare il comportamento del cliente e quindi a creare dei cluster di clienti di un determinato retailer.

Questi sistemi hanno iniziato ad essere utilizzati anche proprio per garantire alcune normative legate alla gestione del Covid-19: il distanziamento sociale, la gestione dei flussi di visitatori in entrata in uscita dagli store e così via.

C'è molta attenzione a questo genere di soluzioni volte a contenere l'emergenza. Va da sé che queste soluzioni, secondo noi analisti e ricercatori, sono delle soluzioni che avranno senso di esistere non solo per contenere l'emergenza.

Una volta che l'emergenza sarà completamente rientrata, non ci aspettiamo che i retailer continueranno ad investire in soluzioni di gestione virtuali delle code o di smart occupancy dei negozi. Magari potrebbero ancora sussistere tutte quelle soluzioni di prenotazione da remoto della visita, ma con un'accezione nuova, con obiettivi nuovi, ad esempio quello di voler offrire maggiore attenzione alla relazione col cliente.

Ad esempio in alcuni settori come l'abbigliamento, ti permetto di prenotare la visita da remoto per dedicarti poi uno spazio esclusivo all'interno dello store. Allo stesso tempo però, come dicevo prima, ci sono state delle soluzioni che in realtà portano i retailer a riflettere, a ridisegnare attività, processi e negozi anche più nel medio lungo periodo. Saranno quindi delle soluzioni che avranno secondo noi successo e continueranno a destare l'interesse dei retailer anche ad emergenza rientrata.

Di cosa parliamo? Sostanzialmente parliamo di soluzioni che, declinate in maniera diversa nei differenti comparti merceologici, potranno andare a migliorare, a semplificare e a rendere sempre più autonoma l'esperienza del cliente all'interno dello store.

Ti faccio degli esempi, di ciò che funziona oggi molto bene e che desta sempre di più l'attenzione dei retailer della GDO.

Tra questi ci sono le soluzioni di self scanning che permettono di scansionare, tramite device dedicati che vengono offerti dal retailer in store oppure tramite smartphone, un Barcode o un QR code dei prodotti. In questo modo i prodotti vengono inseriti in un carrello virtuale e poi si può effettuare il pagamento direttamente dal device, da smartphone o tramite l'utilizzo di casse self-service all'uscita dello store. Tantissima attenzione quindi, anche solo sulle soluzioni di self check out, per offrire la possibilità al cliente di pagare autonomamente all'interno dello store su casse dedicate o su smartphone.

Molto legato a questo tema c'è anche il tema dei pagamenti innovativi.

Sempre di più i retailer nei diversi comparti merceologici investono in soluzioni innovative di pagamento che possono essere soluzioni che si basano su tecnologie messe a disposizione da altri attori. Pensiamo a quanto molte insegne della GDO stanno potenziando l'utilizzo di Satispay all'interno dei negozi. Ma pensiamo anche alle soluzioni che il retailer si costruisce in casa propria e quindi, ad esempio, mi vengono in mente Burger King, Eataly che ultimamente hanno lanciato proprio delle nuove funzionalità all'interno delle proprie mobile app per effettuare ordini e pagare direttamente da telefono, anche quando si è in store. Al momento si registra un'attenzione fortissima ai pagamenti innovativi.

Va da sé che questo tema è stato, come dire, stimolato in maniera importante anche da tutte le misure governative messe in atto. Faccio riferimento al cashback, alla lotteria degli scontrini che hanno incentivato ovviamente anche i retailer, così come i clienti, a muoversi nella direzione dei pagamenti elettronici e dei pagamenti, appunto, digitali.

Ultimo, ma sicuramente non per importanza, il tema di automatizzare l'esperienza del cliente in store anche tramite tutta una serie di device che vengono messi all'interno dello store e che permettono al cliente di ricercare in autonomia informazioni sui prodotti oltre che effettuare gli acquisti direttamente da tablet in store, in autonomia.

 

Fonte: osservatori.net

Molta attenzione soprattutto in alcuni comparti, come ad esempio l'abbigliamento, a quelle soluzioni che noi definiamo di salesforce automation e quindi a tutti quei device, smartphone, tablet, che vengono dati in mano al personale di vendita e che permettono di seguire in maniera più approfondita il cliente durante la visita in store, per supportarlo in funzione di tutte le sue esigenze. Questo è un po quello che vediamo.

Per chiudere sul tema dei negozi, è molto importante sottolineare il fatto che questa volontà di offrire una sempre maggiore autonomia al cliente all'interno del negozio sta portando a sperimentare anche delle formule di negozio particolarmente innovative e che noi definiamo automatizzate, in stile Amazon Go. Sono quindi dei negozi dove il cliente entra in totale autonomia, effettua i propri acquisti in totale autonomia grazie alla combinazione anche di diverse tecnologie che abilitano quest'esperienza e poi esce dal negozio, in totale autonomia, effettuando i pagamenti per gli acquisti che ha fatto direttamente da smartphone.

Gli esempi in Italia che vedevamo in passato erano pochi, ma adesso iniziano a esserci davvero tanti cantieri di lavoro su questo e ci sono addirittura dei retailer, che proprio nell'anno della pandemia hanno inaugurato dei negozi di questo tipo.

Due esempi su tutti, Vivogreen a Terni ha lanciato proprio un punto vendita basato su questo concetto, dove appunto la tecnologia RFID (Identificazione a radiofrequenza) permette di identificare in pochi istanti quelli che sono gli articoli che il cliente ha selezionato durante la visita in store e ne addebita il costo direttamente sulla carta di credito.

Poi c'è Wurth, nel settore fai da te, che ha lanciato uno store automatizzato dove i clienti entrano scansionando un QR ed effettuano acquisti appunto in modalità self service usando il proprio smartphone. Siamo davvero alla frontiera dell'innovazione nel tema dei punti vendita e vediamo davvero tanti cantieri di lavoro aperti sotto questo punto di vista.

 

Luca Lorenzini

Ma è interessante che sia avvenuto in una città come Terni, che non è Bologna o Milano.

 

Elisabetta Puglielli

Esatto, esatto. Noi abbiamo sempre considerato Milano come il fulcro dell'innovazione in ambito retail, non soltanto perché vedevamo Milano come il luogo di maggior sperimentazione da parte dei retailer italiani, ma anche perché lo vedevamo come un punto di arrivo e di sperimentazione anche da parte di retailer internazionali. C'è stato un anno, se non sbaglio è stato il 2019, in cui abbiamo registrato un numero davvero importante di nuove aperture di formati anche molto innovativi, da parte di retailer internazionali.

Ad oggi siamo invece notando quanto non sia più soltanto Milano la culla dell'innovazione nel retail, anche se rimane un centro nevralgico fondamentale, ma si stanno iniziando a portare avanti molte sperimentazioni anche in altre città italiane. Pensiamo appunto a Terni che è una se vogliamo piccola provincia dell'Umbria e che invece presenta un formato di negozio veramente innovativo.

 

Luca Lorenzini

Ok di innovazioni ne hai parlato in modo approfondito, soprattutto sul tema, diciamo, phygital. Area eCommerce, invece, cosa mi sai dire? Da questo punto di vista, come ha inciso in pratica l'eCommerce nel sistema omnicanale del retail.

 

Elisabetta Puglielli

Certo, ora l'eCommerce merita un discorso davvero di rilievo, soprattutto in un anno come il 2020, dove la pandemia ha portato sempre di più i clienti ad abbattere quelle che erano le barriere agli acquisti elettronici. Queste barriere, che arrivavano dall'impossibilità di visualizzare il prodotto prima dell'acquisto e dalla paura dei pagamenti elettronici, sono cadute e quindi l'eCommerce è diventato nel periodo della pandemia, il principale canale di generazione dei consumi.

Ha davvero registrato un'impennata importante e questo ha portato a stravolgere le strategie dei retailer che, negli anni, lo avevano sempre considerato un canale in più.

L'eCommerce per molti retailer era un canale che poteva andare a cannibalizzare le vendite offline e un canale che andava gestito separatamente rispetto al retail fisico. La pandemia sotto questo punto di vista ha portato a uno stravolgimento delle strategie.

L'eCommerce è diventato sempre più centrale, anche perché, soprattutto nelle fasi di lockdown in cui i negozi erano chiusi, poteva essere l'unico canale di generazione dei consumi. Per questo, si è lavorato in maniera importante per attivare delle nuove iniziative eCommerce.

Ci sono stati dei retailer che hanno per la prima volta lanciato il commercio eCommerce durante la pandemia, pensiamo a ToMarket nell'alimentare e a SOLE365, il gruppo megamark sempre nell'alimentare. Alcuni hanno lanciato iniziative proprie, altri hanno invece preferito appoggiarsi a piattaforme esterne, appunto specializzate nell' eCommerce.

 

Fonte: osservatori.net

Invece ci sono stati tutti quei retailer che già presidiavano il canale online e che hanno lavorato per potenziarlo. Hanno registrato un importante aumento della domanda, quindi l'infrastruttura che era stata costruita negli anni non era pronta per evadere una crescita di domanda così importante e quindi hanno lavorato su molti cantieri.

C'è chi ha lavorato sull'implementazione di tecnologie per migliorare l'esperienza sul sito, c'è chi ha lavorato sul consolidamento dell'infrastruttura logistica, andando ad utilizzare un po' tutte le strutture di evasione a disposizione anche i negozi fisici stessi, per far fronte agli ordini online.

C'è chi ha effettuato dei cambiamenti organizzativi, pensiamo ai negozi chiusi e quindi alla possibilità di riconvertire il ruolo del personale di vendita dei negozi per supportare tutte le operatività dei processi online. Oppure pensiamo a delle nuove assunzioni che ci sono state proprio per potenziare gli eCommerce.

Ultimo, ma non per importanza, anche un tema di partnership importanti che sono nate con attori, service provider, logistici o appunto di eCommerce, che hanno permesso ai retailer di poter aumentare la velocità del servizio, per offrire, ad esempio, consegne più veloci in giornata o addirittura in poche ore oppure di aumentare quella che era la capillarità sul territorio nazionale del servizio eCommerce. Ci sono stati dei retailer che si sono appoggiati su piattaforme come Glovo o Deliveroo per poter presidiare il canale online anche in città che non presidiavano in precedenza

Sicuramente l'eCommerce ha registrato nell'ultimo periodo un'impennata tale da rivedere strategie e processi anche all'interno dell'organizzazione.

Ovviamente un eCommerce che deve essere sempre più integrato con i punti vendita fisici.

Perché?

Perché l'obiettivo è riequilibrare i due canali. Bisogna lavorare sull'integrazione fra eCommerce e store fisico, un'integrazione che ovviamente va su più piani, come ad esempio dal punto di vista dei dati.

C'è tutto il tema della data strategy, che è un cantiere di lavoro fondamentale: andare ad integrare i dati che arrivano dai canali digitali ed i dati che arrivano dai negozi fisici per creare una vista unica sul cliente finale e quindi andare davvero a capire cosa il cliente vuole, di cosa il cliente ha bisogno tramite l'integrazione di tutte le informazioni che arrivano dai diversi touchpoint.

Ma l'integrazione avviene anche sul piano delle operation.

Come ti dicevo prima, molti retail avevano iniziato ad utilizzare lo stock presente nei punti vendita per far fronte agli ordini che arrivavano dall'online. Questo è un tema centrale, ma è solo uno dei temi, perché ovviamente andare a integrare i canali online e offline significa anche integrare non solo lo stock, ma tutto il tema degli ordini delle strutture di evasione, dei resi e così via.

Quindi le operation diventano un tassello importante.

Tutto questo, ovviamente genera delle ricadute poi sul negozio fisico in termini di spazi in prima battuta perché, iniziano ad esserci sempre di più nei negozi delle aree propriamente dedicate all' evasione degli ordini eCommerce, allestimento degli ordini cross canale.

Il negozio in parte inizia a supportare sempre di più l'online, in termini di tecnologie, perché appunto il negozio diventa uno spazio dove, per esempio, poter andare a porre delle tecnologie che raccolgono dati sui consumatori da integrare poi con quelli raccolti online e in tema di formati, perché sempre di più non ci dimentichiamo che i retailer stanno iniziando a sperimentare dei formati di vendita in chiave omnicanale.

Qui i due esempi fondamentali sono Zara, che ha annunciato la chiusura di 1200 punti vendita in tutto il mondo, quindi un numero davvero importante di negozi per iniziare a sperimentare degli store molto più improntati all'omnicanalità, legati alla operatività eCommerce.

 

 

Oppure pensiamo al caso di Starbucks che ha dichiarato che chiuderà circa 400 punti vendita nel mondo per aprire dei formati molto più piccoli, chiamati pick up point e quindi dedicati esclusivamente al ritiro degli ordini effettuati online.

Il retail sicuramente sta cambiando e omnicanalità è un tassello centrale. Ma l'omnicanalità va vista sotto tutti i punti di vista ed è importante che anche l'organizzazione retail si rimodelli per poter gestire un cambiamento così radicale come quello richiesto.

 

Luca Lorenzini

Proprio mentre raccontavi queste cose, mi venivano in mente diversi casi per esempio di rivenditori che addirittura si inventavano nuove modalità di vendita, nello specifico, che aumentavano proprio i touchpoint.

Quindi oltre all'eCommerce si inventavano anche l'utilizzo di marketplace addirittura di terze parti. Questo è sicuramente un tema di fermento forte, nella direzione del superamento delle barriere principali all'adozione dei nuovi strumenti.

Ma, al di là di andare a parlare di quello che è stata un po' l'accelerazione dovuta al Covid-19, cosa hai visto?

 

Elisabetta Puglielli

Allora qui quando parliamo di barriere parliamo di davvero tanti aspetti, soprattutto se ci focalizziamo sul tema di eCommerce, omnicanalità in primis lo citavo anche in parte prima, ci sono delle barriere che noi definiamo di percezione. In questo senso, c'erano dei retailer che magari non considerano strategico l'eCommerce ed il presidio dei canali online. Questi forse ora hanno aperto un attimo gli occhi.

Oppure percepivano i canali online, così come gli altri canali digitali come dei canali che andavano a cannibalizzare le vendite dell' offline. Quindi o non si investiva in questi canali oppure ci si investiva, ma in maniera limitata, non strategica e soprattutto con un'organizzazione a silos, quindi canali completamente separati, ognuno con un proprio sistema di gestione. Questi sistemi non comunicavano neanche all'interno dell'organizzazione.

Molto spesso, questo generava degli scontri tra funzioni aziendali e quindi barriere di tipo organizzativo, assenza di responsabilità assegnate, organizzazione a silos.

Ci sono state anche delle barriere di carattere più tecnologico: investire su un canale o sull'integrazione di canali già presidiati poteva provocare degli investimenti troppo elevati o magari in alcuni casi non c'era una così chiara conoscenza di quello che il mercato dell'offerta metteva a disposizione. Queste barriere legate alla tecnologia hanno portato a rallentare determinati investimenti.

 

Fonte: tendenzeonline.info

Ma le barriere erano rappresentate anche dalle competenze interne, quindi dalla necessità magari di avere delle figure ad hoc che si occupassero di altri canali e dell'integrazione fra i canali.

Infine erano presenti anche le barriere di misurazione, in molti casi. Ad esempio, mettendo in atto un'iniziativa di click and collect, di acquisto online ma ritiro in negozio della merce, potevano esserci degli scontri tra i canali perché non era chiaro a chi allocare quella vendita. Sono dovuti nascere dei sistemi di incentivazione tali per cui si riuscivano a mettere in atto anche dei modelli di questo tipo.

Quindi le barriere, come puoi vedere, sono state di varia natura. Sicuramente c'è stato un allentamento di queste barriere col Covid-19 ma alcuni casi ancora permangono e quindi c'è bisogno di lavorare molto sulla formazione e sull'educazione delle aziende retail al tema dell'innovazione dell'integrazione.

 

Luca Lorenzini

Da questo punto credo che non sia solo il tema dei servizi in generale, il terziario.

Qui c'è anche un tema, infatti, legato allo spostamento di prodotto, quindi diciamo le barriere di ingresso, se da un lato possono essere quelle che riportavi, tipiche magari di tante aziende di servizi, in realtà qua alcune barriere d'ingresso che hai citato sono proprio tipiche di un'azienda che fa prodotto.

 

Elisabetta Puglielli

Esatto. Mi viene in mente un altro tema importante, cioè anche qui ritroviamo delle differenze tra i grandi attori e quelli più piccoli.

Queste barriere che ti ho raccontato finora fanno quasi più capo alle aziende più grandi che magari hanno già un presidio di altri canali oltre al negozio fisico e fanno invece più fatica a effettuare l'integrazione fra i canali, per tutti questi motivi che ci siamo detti.

Invece tra le PMI, che sono molto più indietro e che magari hanno semplicemente il proprio negozietto e fanno fatica addirittura ad andare online o a presidiare altri canali rispetto allo store fisico, ovviamente le barriere sono di altra natura.

Le PMI sono in parte legate a barriere dimensionali, molto spesso si tratta di aziende davvero piccole, con un fatturato annuo minore di 500.000€, con un numero di dipendenti così esiguo che si fa fatica anche ad avere le competenze, oltre che le risorse monetarie, per portare avanti iniziative digitali.

 

 

Ma qui c'è anche tutto un tema di conoscenza del mercato, perché molto spesso, anche parlando con gli attori in gioco, ci rendiamo conto di quanto le PMI siano indietro dal punto di vista della conoscenza delle possibili soluzioni presenti sul mercato e che potrebbero fare al loro caso.

Quindi, stiamo parlando proprio su barriere forti all'ingresso, nel senso che non si conosce ciò che è a disposizione per poter innovare o molto spesso in altri casi, magari si conoscono delle soluzioni, ma si fa fatica a implementarle, perché sono pensate per aziende di grandi dimensioni e si fa fatica ad adattarle alle aziende più piccole.

Anche qua ci aspettiamo dal punto di vista dell'offerta una proposizione di valore più adatta alle PMI, in modo tale che si riesca a convogliare questi attori più piccoli verso l'innovazione.

 

Luca Lorenzini

Chiarissimo, chiarissimo, Ok, anche se abbiamo già un pochino affrontato il tema dell'organizzazione nello scenario a causa del Covid-19, avete già iniziato a lavorare su quello che è proprio il momento, post Covid-19? Cosa sta succedendo? Cosa si sta intravedendo in questo post lockdown forte, diciamo?

 

Elisabetta Puglielli

Allora nel post lock down, focalizzandoci sui top player cosa vediamo?

Vediamo una forte attenzione all'integrazione online-offline. Questo è proprio il tassello primario che vediamo perché appunto l'eCommerce è diventato sempre più centrale nelle strategie di retail, è cresciuta la consapevolezza dell'importanza dell'eCommerce anche per i clienti più restii e l'eCommerce è destinato a diventare un canale in un più, parallelo ai negozi fisici, ma sempre più integrato con essi.

Quindi sicuramente la pandemia ha portato a questa consapevolezza dell'importanza di integrare i due mondi online e offline. Questo si rispecchia in un'attenzione a rivedere anche alcuni processi fisici all'interno dello store e molto probabilmente ad un ridimensionamento di quella che è la rete di vendita, per avere dei punti vendita di più piccola dimensione, dove il digitale gioca un ruolo importante e un ruolo sempre più di interdipendenza.

Ecco, l'interdipendenza tra i canali è sicuramente un tassello importante su cui i retailer stanno lavorando e questo porta, come in parte accennavo prima, anche alla sperimentazione di nuovi formati di negozi.

Ad esempio si stanno sviluppando negozi sempre più piccoli, perché il digitale permette di abilitare l'assortimento infinito, il così detto scaffale infinito.

Magari tu apri dei negozi più piccoli, anche per via del dell'ingente costo degli spazi, ma implementi una serie di soluzioni che permettono comunque al cliente, nel momento in cui è in store, di visualizzare l'intero catalogo, l'intero assortimento.

Sta prendendo piede una revisione dei formati, nel senso che gli store sono sempre più di supporto all'eCommerce, ad esempio pick up point, come dicevamo per Starbucks, punti che vengono aperti semplicemente come luoghi di ritiro degli ordini fatti online oppure negozi che prendono sempre più la veste dei dark store e dei fulfillment hub, punti che servono semplicemente all'allestimento e alla preparazione delle consegne eCommerce.

 

 

Per portare avanti davvero questa omnicanalità e questa integrazione, c'è un tema importante di revisione anche dei formati di vendita, accompagnato da un tema di revisioni organizzative. Prima che tra i canali c'è bisogno che l'integrazione ci sia all'interno delle organizzazioni stesse.

Non si può più accettare una un'organizzazione a silos, dove magari c'è una divisione o una funzione legata al retail, alla gestione del canale fisico e una divisione legata alla gestione dell'eCommerce e degli altri canali digitali.

È fondamentale che le funzioni si parlino, che ci siano, che si creino nuove competenze, nuovi ruoli per poter gestire questa integrazione. Questo è quello che vediamo di più tra i top player. Tra le PMI che erano molto più indietro rispetto appunto ai top retailer sul tema dell'innovazione, l'emergenza sanitaria ha portato a una fase di sperimentazione importante.

Proprio negli ultimi giorni abbiamo abbiamo analizzato una ricerca fatta da noi su un campione non rappresentativo, però comunque importante di più di 300 aziende PMI del commercio italiane.

Cosa è emerso?

Durante la pandemia circa il 64% di queste aziende ha sperimentato almeno una nuova modalità di vendita e di relazione con i clienti finali.

Questo risultato è un risultato importante perché si tratta di aziende che negli anni sono sempre state restie all'innovazione e che invece, con la chiusura dei negozi e con la crisi in corso, hanno provato a sperimentare delle nuove modalità, magari modalità molto più elementari: stiamo parlando dell'ordine telefonico, dell'ordine via email, del messaggio su Whatsapp per prendere l'ordine.

Però, hanno iniziato a sperimentare qualcosa di diverso rispetto ai negozi fisici e questo è un messaggio importante, soprattutto se sottolineiamo poi il fatto che in realtà la maggior parte di queste aziende che hanno sperimentato nuove modalità hanno intenzione di mantenerle anche ad emergenza rientrata.

Questo significa che ne hanno visto davvero i frutti, i benefici perché hanno potuto mantenere la relazione con clienti che avevano già acquisito, hanno potuto intercettare nuovi clienti e hanno potuto mantenere attive le vendite, generando comunque fatturato anche con i negozi chiusi. I benefici sono stati sicuramente importanti.

Tant'è vero che a queste PMI abbiamo chiesto come immaginano proprio il loro business dopo la pandemia. Un numero davvero limitato di aziende ci dice che riprenderà le attività in maniera identica a prima della pandemia. La maggior parte del campione ci parla invece di una serie di innovazioni che potranno riguardare l'esperienza in store o che potranno riguardare l'affiancamento di nuovi canali, diretti o a gestione indiretta rispetto al negozio che era l'unico canale precedentemente presidiato.

Sicuramente c'è un aumento di consapevolezza dell'importanza del digitale anche tra le PMI del commercio al dettaglio e c'è stato un cambiamento di paradigma importante.

 

Luca Lorenzini

Quindi quello che ci vogliamo immaginare come un prossimo futuro, da questo punto di vista, è sicuramente una continuazione, una maggiore esplorazione di di queste tematiche.

 

Elisabetta Puglielli

Assolutamente sì, Qui stiamo parlando sostanzialmente delle PMI, perché poi i top player hanno tutti un sito eCommerce, tutti vendono anche su marketplace; invece, tra le PMI, è fondamentale in prima battuta, sperimentare è una fase di test è fondamentale.

Il fatto, già che ci siano state queste sperimentazioni durante la pandemia, ha portato a capire i benefici che possono poi portare alla generazione e all'implementazione di attività e di progettualità più strutturate nel post pandemia.

Quindi è fondamentale la fase di test e la fase di progetto pilota. Poi ovviamente, è molto importante anche la sperimentazione dei canali digitali a gestione indiretta, quindi non passare per forza da progettualità che la PMI,o il retailer, si fa in casa, ma passare da marketplace, siti di retailer che possono essere di varia natura, dai siti di Flash sales ai siti di Couponing. L'obiettivo potrebbe essere andare a provare delle iniziative già presenti, già specializzate sull'eCommerce per capire i benefici di una potenziale presenza online. Passare da attori che fanno già quello di mestiere è fondamentale.

E poi serve una conoscenza importante del mercato: ancor prima di qualsiasi test, prima di qualsiasi sperimentazione è fondamentale conoscere il mercato, conoscere la composizione dei diversi fornitori, perché molto spesso ci sono anche dei fornitori che con dei modelli di business poco costosi permettono di accedere a delle soluzioni chiavi in mano, quindi di poter in poco tempo lanciare una propria iniziativa con degli investimenti neanche troppo costosi.

Questi magari sono i suggerimenti che ci verrebbe da dare come analisti, come ricercatori a quelle aziende che non hanno mai provato l'online.

Invece se ci focalizzassimo su chi ha già provato l'online, chi ha già una multicanalità, come la definiamo noi, "transazionale", chi ha già più canali di vendita fisici e digitali, sarebbe da porsi un'altra domanda.. Cosa potrebbero fare in più per migliorare il proprio servizio e per crescere ancora? Il primo focus è il marketing e il customer care.

Avere cura della relazione con il cliente finale è fondamentale perché bisogna mettere il cliente al centro ed essere pronti a supportarlo e seguirlo sui diversi canali, nella maniera più consona alle proprie esigenze.

Il customer care è fondamentale. Poi c'è bisogno di andare ad innovare e andare a digitalizzare qualsiasi fase della catena del valore online. Dalla ricerca del prodotto alle fasi di pagamento e post vendita, è importante innovare con l'obiettivo di andare a semplificare sempre di più l'esperienza del cliente.

Deve essere facile per il cliente trovare un prodotto, deve essere facile selezionarlo e deve essere facile pagarlo perché uno delle più classiche barriere all'uso dell'online per i clienti è proprio la scarsa semplicità all'utilizzo di un sito eCommerce.

 

Fonte: osservatori.net

È importante che si utilizzino tutte le innovazioni disponibili sul mercato per poter semplificare i vari processi, dalla ricerca dei prodotti al pagamento.

Ultimo, ma non per importanza, il tema del last mile delivery, le aziende devono lavorare in maniera importante su questo tassello che poi è il tassello, se vogliamo, che il cliente finale vede quando si parla di online.

Nel momento in cui io mi reco a fare un acquisto in negozio io tocco con mano il retailer ma nel momento in cui l'acquisto lo faccio online e io non ho un contatto diretto con il retailer, il contatto diretto ce l'ho praticamente solo in fase di consegna.

È importante che la fase di consegna, quindi last mile, sia per il cliente il più efficace e semplice possibile.

Tanta attenzione ai retailer deve essere posta sulla fase di last mile, innovando e cercando di avere delle consegne sempre più personalizzate per il cliente finale e sempre più veloci se vogliamo, perché ormai il cliente è abituato all'Amazon di turno e ha bisogno di retailer che offrono dei livelli di servizio più o meno simili. Questo aspetto è davvero molto importante.

 

Per concludere: cosa significa quindi la trasformazione digitale nel retail?

L'intervista e il contributo di Elisabetta Puglielli provano attraverso dati oggettivi come in ambito retail trasformazione digitale non significhi solo tecnologia. Si tratta piuttosto di aggiornare modelli di business a prescindere dalla dimensione aziendale per spostare il focus dal prodotto al cliente.

Stiamo assistendo quindi alla creazione di nuove catene del valore aziendali digitali, dove la tecnologia non è solo un semplificatore di processi ma deve permettere di raccogliere dati e insight che devono essere continuamente utilizzati per migliorare l'esperienza cliente, dalla prototipazione di un nuovo prodotto al last mile della consegna del pacco a casa.

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